Laura Di Nicola

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ROMANZO SPORTIVO

Sono Laura Di Nicola, commercialista per titolo, narratore per vocazione, riserva di lusso per il ruolo di casalinga, organizzatrice per puntiglio e diversamente ventenne per vanità. Sono nata nel 1979 a Pescara e vivo ancora da quelle parti: da casa vedo il mare, dall’ufficio vedo le montagne; nel mezzo, vi sono le innumerevoli cose che mi appassionano, come le auto, i film brutti, l’opera, lo sport, l’arte antica, l’uncinetto, il giardinaggio, i pelouche, il canto, il Marito.

Crescendo, ho imparato a essere paziente, oltre che tollerante, e a esprimere quel che non mi va giù, superando la paura di non essere gradita. Al contempo, ho iniziato a sopportare sempre meno la superficialità, sviluppando una violenta allergia alla presa in giro. Sono stata una studentessa modello, ho recitato, ho studiato sceneggiatura, ho disegnato fumetti, ho ideato parodie, ho intervistato personaggi illustri, ho fondato blog, ho viaggiato, ho imparato quasi tre lingue straniere e ho pubblicato un libro, il tutto nutrendo l’egoistica e personalissima convinzione di essere terribilmente fotogenica.

In conclusione: amo essere originale, ma ancora di più essere compresa affinché il mio messaggio arrivi, pertanto fra drammaticità e praticità sceglierò sempre la seconda.

La calma è la virtù di
chi non ha capito il problema

Alla scoperta dell'autrice

Scrittrici/scrittori preferit*

Non ho mai avuto un autore preferito, perché mi piacciono cose molto eterogenee. Di pochissimi autori ho letto più titoli, non tanto per disaffezione quanto per amore del cambiamento. Ho amato molto Nick Hornby, Jane Austen, Archiloco, Philip K. Dick e fra i contemporanei italiani Massimo Roscia.

Libro che ti ha cambiato la vita

“Le avventure di Pippi Calzelunghe” di Astrid Lindgren: il primo libro che ho letto, a 7 anni, mi ha lasciato l’amore per la fantasia, per le bizzarrie e per l’allegria.

“Piccole Donne crescono” di Louisa May Alcott: mi ha dato la certezza che, in un mondo di Laurie Lawrence, io avrei scelto senza alcun dubbio il Professor Baer.

“Tre uomini in barca” di Jerome Klapka Jerome: letto alle medie, mi ha insegnato che andare fuori tema è un’arte e che non c’è cosa che non valga la pena di essere raccontata.

“I poemi conviviali” di Giovanni Pascoli: è da quando andavo al liceo che non riesco a smettere di rileggerlo, intriso di bellezza ed elegiaca mestizia.

“Zio Petros e la Congettura di Goldbach” di Apostolos Doxiadis e “L’uomo che amava solo i numeri” di Paul Hoffman: sono due opere diverse (un thriller matematico di grande effetto e una biografia, sempre di un matematico) ma accomunate dall’argomento scientifico, matematico; sono arrivate in un periodo nel quale non avevo gran stima di me, le ho scelte per sfida perché erano quanto di più distante – credevo allora – da me e mi hanno aiutata a superare lo scoglio, oltre ad avermi fatto innamorare della storia della scienza.

Come sei arrivata alla scrittura

Narra la leggenda che abbia iniziato a scrivere a quattro anni, ricopiando in speculare un fumetto di Barbapapà. Ecco, anche volendo darsi un tono di epicità, la natura bizzarra sommerge tutto. Il mio rapporto con la scrittura è in realtà il mio rapporto con la comunicazione: nasco timida, ritrosa, scontrosa ma con una grande volontà di esprimermi, di farmi ascoltare; la scrittura, l’invenzione di storie, trame e personaggi, mi consentivano di trasmettere quelle idee, quei mondi meravigliosi che creavo e che non volevo restassero confinati in me. Crescendo, la scrittura è diventata sempre di più un potente amplificatore di vedute, una forma di apprendimento e di costante messa alla prova: quando scrivo, sia inventando sia semplicemente raccontando un evento, non manco mai di chiedermi come mi sarei comportata al posto di quel personaggio o in quella situazione. Invecchiando, comunque, la scrittura è rimasta comunque quel che era: un balsamo per le ferite, un formidabile antidepressivo, un mezzo di riscatto. Poi, per mestiere devo scrivere relazioni su aziende che richiedono contributi o finanziamenti e a tredici anni facevo il Cyrano dei poveri scrivendo lettere d’amore su commissione, ma ci può stare, fa curriculum.

Come funziona il tuo processo di scrittura

Lascio liberamente fluire la creatività pura, nel senso che spesso ho costruito storie anche solo perché mi ero innamorata di una frase o di un episodio che volevo a tutti i costi inserire in qualcosa; il mestiere di commercialista, l’organizzazionismo complulsivo e la dura palestra di cinque anni di greco e latino, però, escono fuori quando progetto la struttura di quel che vado a scrivere, sia esso un articolo o un romanzo: sono sistematica, metodica e perfezionista. Preparo scalette, ordino sequenze e mi infliggo anche giorni senza scrivere un rigo se l’ossatura logica non è a fuoco prima della stesura, anche se ho miliardi di parole in successioni bellissime che premono per uscire. Ciò riflette la mia personalità, che è un buon miscuglio di estro e riflessione.

Perché sei atterrata sul Comodeeno

Fin da quando ne ho scoperto l’esistenza, ho pensato che Comodeeno fosse il mio luogo naturale. La mia curiosità è diventata gratitudine quando avete apprezzato e commentato un mio post su Instagram, nel quale parlavo di me e di gente che mi fa parlare del mio libro (pardon, leebro), avvalorando la mia idea che Comodeeno fosse un posto interessante e stimolante, dove penso proprio che Bimbobook (pardon, leebro, cioè feeglio) possa trovarsi a proprio agio.

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